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IsReal: il 29 maggio la prima mondiale di Abele, doc di Fabian Volti girato tra Sardegna e Palestina

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Nel concorso internazionale della IX edizione di IsReal – Festival di Cinema del Reale anteprima mondiale giovedì 29 maggio, h. 21, Auditorium G. Lilliu, Nuoro del documentario del regista Fabian Volti, ABELE, girato in Sardegna e in Palestina tra pastori solitari e comunità nomadi ultimi testimoni della tradizione millenaria del pastoralismo errante che ancora resiste confinata ai margini di guerre e cambiamenti epocali

Un viaggio cinematografico nelle geografie e nei paesaggi tra la Sardegna e la Palestina, sulle tracce di un immaginario Abele, incarnazione del pastore e dell’archetipo del conflitto, in una società assediata da guerre e cambiamenti epocali. Dal Mediterraneo al Medio Oriente, comunità itineranti di beduini e pastori solitari dell’entroterra sardo vivono seguendo il corso degli astri e delle stagioni, testimoni contemporanei di quotidianità in conflitto. Le loro storie, geograficamente distanti, si intrecciano in un racconto corale che unisce osservazione e creazione nel documentario dal titolo Abele (2025, 77’) del cineasta sassarese Fabian Volti, scritto insieme a Stefania Muresu e prodotto da Roda Film in collaborazione con Caucaso, con il sostegno di Regione Autonoma della Sardegna, Fondazione Sardegna Film Commission, Fondazione di Sardegna e Ministero della Cultura.

Abele

Il film sarà presentato in anteprima il 29 maggio alle 21, nell’auditorium G. Lilliu, a Nuoro, durante la IX edizione di IsReal Festival di Cinema del Reale organizzato dall’ISRE e diretto da Alessandro Stellino, dove è in concorso nella sezione internazionale. Girato in digitale e in 16 mm, con una voce fuori campo in arabo e in sardo (quest’ultima, del poeta Alberto Masala) che, a tratti si sostituisce ai dialoghi, Abele racconta quattro storie emblematiche del mondo agropastorale, alternando riprese del reale e rari filmati d’epoca, provenienti dal fondo Fiorenzo Serra e dagli archivi visivi e sonori delle agenzie AP e British Pathé.

Tre storie e tre ritratti, ambientati in Sardegna, sono il frutto di anni di ricerche e interviste sul campo. «Come documentarista, e prima di tutto come essere umano nato in Sardegna, ho sempre avuto un forte interesse per i contesti rurali dell’isola» dice Fabian Volti. «Volevo indagare cosa restasse del pastoralismo come forma atavica di sussistenza che, come sappiamo, da anni attraversa una forte trasformazione in cui il pastore ha perso il suo ruolo di punto di riferimento per le comunità, ricoperto fino a qualche decennio fa. Mi interessava osservare come quel mondo si rapportasse con i cambiamenti e le contraddizioni della società attuale». Così, sospeso tra un passato quasi completamente scomparso e un presente che gli è estraneo, a Porto Tramatzu il capraro Severino pascola i suoi animali vicino al poligono militare di Capo Teulada; sul Supramonte, Billia, custodisce il suo kuile nel territorio di Dorgali; infine, a pochi chilometri da Sassari, Mario vive con il suo gregge all’ombra di una chiesa campestre del ‘500 e ricorda la sua infanzia come servo pastore e la giovinezza nell’esercito, quando per la prima volta scopre il mondo fuori dall’isola.

Abele Teulada

La quarta storia raccontata nel film è quella di una famiglia di pastori beduini che abitano il Deserto di Giuda, nelle aree C. Dagli accordi di Oslo del 1995, il territorio è sotto la giurisdizione israeliana, che a più riprese tenta di mandare via le tribù, per fare posto a nuovi insediamenti di coloni e basi militari. Fabian Volti insieme ad una piccola troupe ha incontrato la famiglia di Mahmood durante un viaggio in Cisgiordania nel 2022, organizzato con il supporto dell’associazione Ponti Non Muri. «La Palestina, come la Sardegna, è una delle terre in cui nasce il pastoralismo. Quando ho iniziato a lavorare al film, mi è sembrato quindi urgente e necessario visitarla» dice il regista. «E volevo raccontare un conflitto tra un mondo di uomini resistenti e pacifici e la distruzione e la morte provocata dalle guerre».

Nel corso delle riprese sono state realizzate interviste ad alcuni capovillaggi tra Gerico e Betlemme, e grazie a loro Abele contiene anche un messaggio indirizzato dalle comunità beduine alla comunità internazionale. «Quando ci accompagnavano a filmare nel deserto erano spesso terrorizzati da possibili rappresaglie dell’esercito israeliano, però volevano che la loro storia fosse conosciuta nel resto del mondo» dice Fabian Volti.

Il film, oltre a lasciare aperti degli interrogativi sulle tematiche che affronta, è anche un punto di arrivo nella ricerca autoriale sui linguaggi del cinema documentario, attraverso l’uso creativo delle pellicole analogiche e degli archivi, i lunghi tempi dell’immersione partecipante e dell’ascolto dei luoghi e delle persone. Il cast artistico è composto, oltre a Fabian Volti che ha curato la regia e la fotografia, da: Stefania Muresu al montaggio insieme a Enrico Masi e Carlotta Guaraldo, Saverio Damiani al disegno del suono, le musiche originali del trombonista e polistrumentista Federico Fenu, le camere aggiunte di Luigi Bosio in Palestina e di Roberto Farace in Sardegna, la voce fuori campo di Alberto Masala in sardo e quella in arabo di Odeh Khalil Kharabshe (Gerico), e la post produzione visiva di Walter Cavatoi e Corrado Iuvara (KoreLab) a Bologna. Abele è realizzato anche grazie alla collaborazione della Cineteca Sarda – Società Umanitaria, Caucaso, 4CaniperStrada, Ponti Non Muri, Meridiano Zero.